TERZO LANZO. Avevo gli occhi invischiati; mi tremolava dinanzi un certo lume, non potevo vedere ben chiaro.
QUARTO LANZO. È strano, non so come spiegarmi la cosa; ha fatto così caldo tutto il giorno, l'atmosfera era pesante, angosciosa, l'uno resisteva, l'altro cadeva, s'inciampava e si combatteva ad un tempo. Ad ogni colpo un avversario cadeva. Si sentiva come una nebbia dinanzi agli occhi. S'udivano oltre a ciò zufolamenti, tintinnii e fischi dentro le orecchie, continui, incessanti. Ora eccoci salvi, e non sappiamo comprendere neppure noi come ciò abbia potuto accadere.
(L'Imperatore e quattro principi s'avanzano. I Lanzi si ritirano.)
L'IMPERATORE. Che importa! la vittoria è nostra, ed il nemico sbaragliato e disperso scompare nell'aperta campagna. Qui sorge il trono abbandonato; il seducente tesoro coperto di tappeti, ingombra tutto lo spazio. Noi colmi d'onori, circondati dai nostri bravi lanzi, aspettiamo con maestà gl'inviati del popolo; giungono da ogni parte buone notizie; oh! scenda la pace su quell'impero che riconosce con gioja la nostra sovranità! Se la stregoneria vi prese anche parte, noi l'abbiamo pagato colla nostra persona. Il caso si dichiara favorevole ai combattenti; grosse pietre cadono dal cielo, piove sangue sul nemico, e dal seno delle caverne gridano voci strane, voci potenti, fatte per dilatare il nostro petto e per stringere il cuore del nemico. Il vinto è caduto a sua vergogna eterna; il vincitore, nella sua gloria, canta un inno alla propizia divinità, e tutti cantano con lui, senza ch'egli abbia bisogno di comandarlo, Te Deum laudamus, per miriadi, a squarciagola!
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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358 |
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L'Imperatore Lanzi Te Deum
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