La natura deve essere rispettata anche nelle sue deviazioni, che l'osservatore intelligente sa sempre riconoscere e sfruttare. Essa si mostra ora in un sembiante, ora in un altro; essa indica almeno ciò che nasconde, e noi non dobbiamo trascurare nissuno dei mezzi che essa ci offre affinchè la possiamo contemplare meglio esternamente e possiamo meglio addentrarci nella sua intima struttura. Senza altro adunque noi imprenderemo a considerare la funzione per trarne tutto il possibile partito.
La funzione rettamente intesa non è altro che una entità in azione. Compariamo adunque, come appunto lo stesso Geoffroy c'invita a fare, il braccio dell'uomo ai membri anteriori degli animali.
Senza voler prendere sembianza di dotti, dobbiamo risalire ad Aristotile, a Ippocrate, e sovratutto a Galeno che ci conservò le tradizioni dei suoi predecessori. La brillante immaginazione dei greci aveva dato alla natura una piacevolissima intelligenza. Aveva disposto tutto così graziosamente che il complesso doveva essere perfetto; essa armava di artigli e di corni gli animali forti, e dava ai deboli la agilità delle membra e la rapidità della corsa. L'uomo sovratutto era stato ottimamente trattato, la sua mano sapeva maneggiare maestrevolmente la lancia e la spada; senza parlare della curiosa ragione che davano per spiegare quale sia lo scopo pel quale il dito mediano è più lungo degli altri.
Nel proseguimento delle nostre considerazioni prenderemo per base la grande opera di Dalton, dalla quale attingeremo i nostri esempi.
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