Noi abbiamo veduto sopra che i primi a cadere nell'errore sono quelli che cercano di fare combaciare immediatamente un fatto individuale colle loro opinioni o colla loro maniera di vedere. Noi troveremo invece che quelli che sanno studiare una osservazione, una esperienza sotto tutti i suoi aspetti, che sanno tenerle dietro in tutte le sue modificazioni e rivolgerla per ogni verso, arrivano ai risultamenti più fecondi.
Tutte le cose nella natura, e sovratutto le forze e gli elementi generali, soggiaciono a una azione e a una reazione incessanti. Si può dire di un fenomeno qualsiasi che esso è in rapporto con un grandissimo numero di altri, somigliante a un punto luminoso e libero nello spazio, che raggia in tutti i sensi. Per la qualcosa, fatta la esperienza, registrata l'osservazione, non sarà mai troppa la cura che noi dovremo porre nel cercare ciò che si trova in contatto immediato con essa, ciò che ne risulta prossimamente; ciò è più importante che non il sapere quali siano i fatti che hanno rapporto col nostro. Deve quindi ogni naturalista variare i suoi sperimenti isolati. Ciò è l'opposto di quanto deve fare uno scrittore che voglia riuscire interessante. Questo scrittore riuscirà noioso a chi lo legge e se non gli lascia nulla da indovinare, mentre il naturalista deve lavorare senza tregua come se non volesse lasciar più nulla da fare ai suoi successori. La sproporzione fra la nostra intelligenza e la natura delle cose lo avvertirà abbastanza sollecitamente che non v'ha un uomo il quale abbia la capacità di finirla con un argomento, qualunque esso sia.
| |
|