Il cielo, da quel lato, era color porpora, caldo e mite: pareva invitare la gente verso quello che pareva essere il limite del verde scuro dei campi. Sotto i piedi dei viandanti si allungavano le ombre di tutti gli oggetti e la folla le calpestava senza saperne la bellezza.
La sigaretta, posta all'angolo sinistro delle sue labbra, dava a Gvosdef un'aria elegante ed alquanto fatua; lasciava sfuggire il fumo dall'angolo destro, esaminava il pubblico e aveva una voglia matta di conversare con qualcuno, bevendo un bicchiere di birra nel caffè al piede della «Montagna». Ma non incontrava alcun conoscente, e non trovava alcuna occasione propizia per attaccare discorso con uno sconosciuto. Malgrado il giorno festivo e la temperatura primaverile, i passanti parevano di cattivo umore, e benchè avesse già gettato parecchie occhiate in faccia alle persone che camminavano vicino a lui con un sorriso bonario e l'espressione di un uomo dispostissimo a far amicizia, nessuna rispondeva al suo umore socievole....
Ad un tratto, fra la quantità di nuche che si vedeva davanti, passò la nuca, a lui ben nota, del redattore-capo, Dmitri Pàvlovitsc Istomin. Gvosdef sorrise allegramento al ricordo del suo trionfo su quel signore, e si mise a guardare con piacere il cappello grigio di Dmitri Pavlovitsc.
Talvolta quel cappello, di forma bassa, scompariva dietro ad altri cappelli e ciò inquietava - non si sa perchè - Gvosdef, il quale si alzava allora sulla punta dei piedi per rivederlo; e, quando l'aveva ritrovato, sorrideva di nuovo.
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Gvosdef Dmitri Pàvlovitsc Istomin Dmitri Pavlovitsc
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