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      » Tihon Pavlovitsc vedeva che la sua gente aveva paura di lui e si aspettava una bufera, e, cosa mai accadutagli prima d'ora, sentiva di aver torto di fronte a tutti. Era umiliato che tutti avessero quei visi arcigni e cercassero di evitarlo, e quella sensazione penosa ed incomprensibile che aveva portato con sč dalla cittą, s'impadroniva sempre pił di lui.
      Anche Kusma Kossiak, il nuovo garzone, del governo di Orel, giovinotto molto gaio, burlone e vigoroso, dai ridenti occhi turchini, con due file di denti piccoli e bianchi come la spuma del mare, messi sempre in evidenza dal sorriso provocante, quello stesso Kusma che aveva una lavata di capo ogni cinque minuti, si era fatto rispettoso e ossequente, non cantava pił le sue canzoni che lo avevano reso famoso, non lanciava pił i suoi frizzi mordaci, molte volte bene appropriati; e osservando tutto questo, Tihon Pavlovitsc pensava con rammarico: «Sono diventato probabilmente un vero demonio!» E pensando questo, si lasciava sempre pił dominare da un non so che, che gli rodeva continuamente il cuore.
      Tihon Pavlovitsc godeva a sentirsi contento di sč stesso e della sua vita, e quando provava questo, si montava volontariamente la testa pensando alle sue ricchezze, al rispetto che i suoi vicini gli testimoniavano e a tutto quello che poteva rialzarlo ai propri occhi. I suoi di casa conoscevano questa sua debolezza, che poteva anche non costituire un'ambizione, ma soltanto il desiderio di essere soddisfatto e sano, di inebbriarsi il pił possibile della sensazione di benessere e di salute.


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Il burlone - L'angoscia
di Maksim Gor'kij
Salvaore Romano Editore
1906 pagine 99

   





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