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Mentre la voce tenue ed esile del prete, appena distinguibile da quella del diacono, prega dolcemente e paurosamente:
- Miserere!...
La folla che segue scalpiccia sordamente sollevando nembi di polvere; il morto dondola costantemente il capo, e il sole ardente di luglio splende con indifferenza su tutto.
Ed ecco che Tihon Pāvlovitsc č assalito da un grande abbattimento; non ha voglia nč di pensare, nč di parlare. Regola il suo passo su quello dei suoi vicini, e, assalito dalla latente disposizione della folla, va con lei; prova soltanto in fondo al petto quel noioso malessere, e non trova nč la forza nč la volontā di liberarsene.
Si giunge al cimitero, si fermano vicino alla fossa e si posa la bara sul rialzo formato dalla terra cavata dal fosso. Nel far ciō, si vede che non hanno nč capacitā, nč abitudine di queste cose. Il defunto pende da un lato della bara, poi riprende la primitiva posizione; pare che egli si sia guardato intorno e sia contento che abbiano finito di scuoterlo e che ben presto cessino di farlo arrostire al sole. Il diacono si dā sempre un gran da fare, a scuotere l'aria con quel suo vocione; il prete lo segue sempre; qualcuno della folla sostiene il canto sottovoce. I suoni s'innalzano nel cimitero e si disperdono tra le croci e gli alberi rachitici, soffocando Tihon Pāvlovitsc.
Ed ecco ora la grossa faccenda!
Il signore ben vestito, quello stesso che Tihon Pāvlovitsc, aveva interrogato sul defunto, si avvicina all'orlo della tomba, e, dopo essersi passato usa mano fra i capelli, dice:
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Tihon Pāvlovitsc Tihon Pāvlovitsc Tihon Pāvlovitsc
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