- Signori!...
E dice questa parola in modo tale che il mugnaio sospira, trasalisce e lo guarda con insistenza. Gli occhi del signore brillano stranamente, posandosi ora sulla bara ora girando intorno sul pubblico, e la pausa tra la sua esclamazione ed il principio del discorso č cosė lunga che tutti quelli che si trovano nel cimitero hanno avuto il tempo di zittire e di prepararsi ad ascoltare. E la voce dolce, di timbro metallico, cosė penetrante e cosė triste, si fa udire di nuovo. Quegli che parla ondeggia con moto armonioso la mano, che batte la misura delle sue parole. Tihon Pāvlovitsc capisce male ciō che dice quel signore, perō capisce dal suo discorso che il defunto era povero, nonostante che per ben venti anni avesse sofferto per il bene degli uomini, che non ha avuto famiglia, che nessuno si č mai interessato a lui, nessuno l'ha apprezzato, e che č morto all'ospedale, solo, come lo č stato durante la sua vita.
Tihon Pāvlovitsc prova una grande pietā pel defunto e quella sensazione dolorosa che risente nel petto diventa pių acuta. Egli si pone a guardarlo fissamente, misura con gli occhi il viso magro, macilento, il piccolo corpo rigido, e, ad un tratto, trova che il defunto rassomiglia ad un chiodo. Sorride a questo pensiero. In quel punto, il signore ben vestito, alzando la voce dice:
- ĢI colpi avversi del destino cadevano l'uno dopo l'altro sulla sua testa fino a ridurlo in questo stato, lui che si era dedicato interamente a quell'ingrato lavoro, oscuro preparativo per l'organizzazione di una vita migliore sulla terra per tutti gli uomini!
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Pāvlovitsc Pāvlovitsc
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