- Ah, il diavolo! esclamò egli mentalmente all'indirizzo del garzone. Che furbo matricolato!
E invidiò quell'uomo allegro, libero, per la sua scienza della vita, per la sua convinzione di aver ragione; poi il mugnaio si vergognò di qualche cosa: non sapeva bene se di aver ascoltato di nascosto quel duetto, oppure di averlo invidiato.
Si alzò, sospirò e volle rientrare in casa.
- È tempo che io vada al lavoro, Motria! Tu capisci, eh? vieni tra poco!
- Non sarei venuta, ma non posso fare ammeno di venirci! disse con un gemito la fanciulla.
- Non essere tanto in pena, va! Il tempo asciugherà le tue lagrime. E fino a quel tempo ci rivedremo più di una volta. Non è vero? Addio, pallottola mia!.
La siepe scricchiolò dietro la schiena di Tihon Pàvlovitsc.
- «Come il vento nelle steppe vola e scherza....» Oh! oh!... buongiorno, padrone!
Tihon Pàvlovitsc si tolse il berretto e guardò confuso il suo garzone.
- Buongiorno!
L'altro se ne stava innanzi a lui in atteggiamento libero e forte; il largo petto bruno, sollevato ritmicamente dal respiro eguale e profondo, appariva dalla camicia rossa semiaperta; i baffi rossi avevano dei piccoli movimenti beffardi; i denti bianchi, bene allineati, brillavano sotto i baffi; i grandi occhi turchini ammiccavano astutamente, e tutta la persona di Kusma parve al suo principale così fiera ed imponente che il mugnaio provò il desiderio di andarsene al più presto, perchè il garzone non si accorgesse della sua superiorità sul padrone.
- Ti diverti sempre, eh?
- Perchè non divertirsi finchè se ne ha la voglia ed il tempo?
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Motria Tihon Pàvlovitsc Pàvlovitsc Kusma
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