E, essendo entrato in un'altra stanza, si trovò fra i piedi il figlio che dormiva per terra. Tihòn Pavlovitsc si fermò e si pose a guardare attentamente la testa nera ricciuta, affondata nelle pieghe del guanciale e del lenzuolo ammucchiato in un punto. Le guancie brune e la fronte del fanciullo erano imperlate di goccioline di sudore.
- Guardatelo qua... come se la gode! pensò Tihòn Pavlovitsc. - Tu dormi... Chi sa qual via ti è destinata nella vita!...
- Tihòn Pavli... Asc! Kusma vi chiama!
Marfutka, dalla bocca storta, lo chiama dal mulino. L'anno prima il mugnaio aveva mandato in malora, così, a caso, lei e tutta la sua famiglia, ed egli se ne rammenta ora. Foma, il padre di Marfutka, andandosene per cercare lavoro altrove, gli aveva detto, dal limitare della porta:
- Non si può dunque ottenere una dilazione? Va bene... Ebbene, sia pure, addio, dunque, Pavlitsc! Che Dio ti giudichi! Bisogna credere che le lagrime degli orfanelli si faranno udire un giorno, - e tu, amico caro, urlerai tu pure. Addio!
Foma era rimasto molto tempo ancora sul limitare della porta, si era grattato lentamente, ora il fianco, ora la schiena, e aveva ripetuto cinque o sei volte la stessa cosa, col viso così alterato dall'emozione, che l'anima di Tihòn Pavlovitsc n'era rimasta scossa.
- Non è possibile alcuna dilazione? Bene!
Il mugnaio aveva finito per cacciarlo.
- Sì, vi sono diverse cose,.. pensava egli in quel momento. Vi sono alcune cose che non sono secondo la legge. Eppure non si può fare ammeno di farle.
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