Di un grigio sporco, meschine, parevano anche pių misere e povere sotto la cupola del cielo profondo ed insensibile che si stendeva su di esse, pensoso e imponente.
- E questa č un'abitazione umana! pensava Tihon Pāvlovitsc avvicinandosi. In ciascuno di questi palazzi vi sono anime umane, sebbene il fabbricato sia buono tutt'al pių per un moscerino!.... Suvvia, Lukitsc, spicciati!... Vado dal maestro di scuola... E perchč? Per la conversazione... Strano... Come sarā, questa conversazione?.. Egli mi rimprovererā, č certo, dirā: ĢTu, uomo, pensa all'anima!ģ E mi spiegherā. E io, va pure, non temere... Dirō... ho peccato... Quello che hai scritto nei giornali č vero... Li ho ingannati. Essi pure mi hanno ingannato, ma una volta sola; io, invece, tre volte. Se vuoi scrivere, - scrivi, fa pure! Ma spiegami prima, perchč fin'ora vivevo senza sopraccapi, senza schiocchezze per la testa, mentre ora mi sento perduto. Č un beneficio, per l'uomo, o č effetto della sua stupidaggine? Č destinato cosė, o č lui che inventa tutto ciō?... Hu! uh! Lukitsc!
Lukitsc agitava la testa e la scuoteva perchč la polvere della via gli era entrata nelle narici, e alzava pacatamente le zampe avvicinando quel peccatore del suo padrone a Jamki.
Ecco la scuola, rassomigliante pių ad una piccola nave capovolta anzichč ad un tempio della scienza. Il maestro di scuola č seduto presso ad una delle tre finestre, occupato a raschiare col coltello un bastoncino e guarda con indifferenza il mugnaio che č giunto.
- Salute, Alessandro Ivānovitsc!
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Tihon Pāvlovitsc Lukitsc Jamki Alessandro Ivānovitsc
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