Entrambi sono imbarazzati, ed entrambi lo sentono chiaramente, ciò che li rende anche più impacciati, e il loro silenzio diventa sempre più penoso.
- Mi dovete dire qualcosa? chiede ad un tratto il maestro, lasciando lo scaffale e facendo un passo verso l'ospite, che guardava bene in faccia.
La sua fronte è corrugata, le sopracciglia contratte con malumore. Ha voglia di tossire, ma si trattiene, e stringe fortemente le labbra, ciò che dà al suo volto delle macchie brune e fa sollevare e respirare penosamente il petto magro e concavo.
- Hu...m!... strascica il mugnaio che distoglie gli occhi dal maestro e pensa:
- È conciato per le feste!... Non ne avrai per molto tempo, vecchio mio... - E quel «chiodo» sul quale il signore ben vestito aveva pronunciato un discorso gli torna alla memoria.
- Come dirti questo, Alessandro Ivànovitsc?
E ciò dicendo, il mugnaio pensa sempre:
«Non ci sarà alcuno per dire dei discorsi su costui... Finirà così, solo, solo.... I buoni contadini lo seppelliranno - e tutto sarà finito... E poi... nulla più... Benchè anch'egli scriva... pare che abbia gl'intestini deboli... Scrive e resta in campagna... Come fare a cominciare la conversazione?
- Volete prendere un po' di thè? chiese il maestro. E tossì infine in modo spaventevole, premendosi il petto con le due mani.
Il suo volto diventò grigio, il corpo si contorse tutto mentre qualcosa fischiava, rantolava, strideva nel suo petto, come se un vecchio orologio vi fosse nascosto, e stesse lì lì per suonare.
- Si potrebbe prendere un po' di thè, decise Tihon Pàvlovitsc.
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Alessandro Ivànovitsc Tihon Pàvlovitsc
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