Il monco li guardava, coi denti terribilmente scoperti e il bianco degli occhi voltato in su. La folla si raccolse di nuovo e muggiva guardando i danzatori.
- Tihon è bell'e lanciato! esclamò il mugnaio con voce minacciosa. - L'uomo si è rinnovellato! Ah! sì!
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* *
Il quinto giorno dopo quanto abbiamo narrato, Tihon tornava dalla stazione a casa sua, alla fattoria. Con la testa ammalata rotta e tetra, egli era scosso nella sua carretta e si sentiva in cuore un peso amaro, disgustoso, dopo quei quattro giorni di stravizi.
E immaginava il modo con cui sua moglie, gemendo, lo avrebbe accolto: «Ma bravo, ecco che ti sei di nuovo strappato alla catena!» E continuerà a parlargli della sua età, della barba grigia, dei figli, della vergogna, della sua vita disgraziata - e immaginando tutto questo, Tihon Pavlovitsc si stringeva nelle spalle e sputava rabbiosamente sulla via, brontolando con voce sorda:
- Ah! che vitaccia!...
- Cosa? gli chiese il suo cocchiere, il chiaccherone «Pantelei della stazione», chiamato così per distinguerlo da un altro Pantelei, «il nuovo venuto.»
- «Nulla, nulla! bada a guidare il cavallo! borbottò in collera Tihon Pavlovitsc.
- Ah! ah! ciò accade! Un uomo che pensa e si mette a parlare forte con sè stesso. Ciò dipende dai molti pensieri, se... - e il cocchiere non voleva più tacere.
- Tieni la lingua a posto! l'interruppe vivamente Tihon Pavlovitsc.
- Bene, bene! si può pure tacere un pò! approvò Pantelei; ma dopo pochi momenti ricominciava di bel nuovo a parlare.
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