Anche in Italia le prime tracce di volgare sono giuramenti o attestazioni di testimoni del popolo per stabilire la proprietà dei fondi di convento (Montecassino). In ogni modo si può dire che in Italia dal 600 d. C., quando si può presumere che il popolo non comprendesse piú il latino dei dotti, fino al 1250, quando incomincia la fioritura del volgare, cioè per piú di 600 anni, il popolo non comprendesse i libri e non potesse partecipare al mondo della cultura. Il fiorire dei Comuni dà sviluppo ai volgari e l'egemonia intellettuale di Firenze dà una unità al volgare, cioè crea un volgare illustre. Ma cos'è questo volgare illustre? È il fiorentino elaborato dagli intellettuali della vecchia tradizione: è il fiorentino di vocabolario e anche di fonetica, ma è un latino di sintassi. D'altronde la vittoria del volgare sul latino non era facile: i dotti italiani, eccettuati i poeti e gli artisti in generale, scrivevano per l'Europa cristiana e non per l'Italia, erano una concentrazione di intellettuali cosmopoliti e non nazionali. La caduta dei Comuni e l'avvento del Principato, la creazione di una casta di governo staccata dal popolo, cristallizza questo volgare, allo stesso modo che si era cristallizzato il latino letterario. L'italiano è di nuovo una lingua scritta e non parlata, dei dotti e non della nazione. Ci sono in Italia due lingue dotte, il latino e l'italiano, e questo finisce con l'avere il sopravvento, e col trionfare completamente nel secolo XIX col distacco degli intellettuali laici da quelli ecclesiastici (gli ecclesiastici continuano anche oggi a scrivere libri in latino, ma oggi anche il Vaticano usa sempre piú l'italiano quando tratta di cose italiane e cosí finirà col fare per gli altri paesi, coerentemente alla sua attuale politica delle nazionalità). In ogni modo mi pare sia da fissare questo punto: che la cristallizzazione del volgare illustre non può essere staccata dalla tradizione del mediolatino e rappresenta un fenomeno analogo.
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