Sicché in una trattazione del problema religioso in Italia occorre distinguere in primo luogo tra due ordini fondamentali di fatti: 1) quello reale, effettuale, per cui si verificano nella massa popolare dei movimenti di riforma intellettuale e morale, sia come passaggio dal cattolicismo ortodosso e gesuitico a forme religiose piú liberali, sia come evasione dal campo confessionale per una moderna concezione del mondo; 2) i diversi atteggiamenti dei gruppi intellettuali verso una necessaria riforma intellettuale e morale.
La corrente Missiroli è la meno seria di queste, la piú opportunistica, la piú dilettantesca e spregevole per la persona del suo corifeo.
Cosí occorre per ognuno di questi ordini di fatti distinguere cronologicamente tra varie epoche: quella del Risorgimento (col liberalismo laico, da una parte, e il cattolicismo liberale, dall'altra), quella dal '70 al '90 col positivismo e anticlericalismo massonico e democratico; quella dal '900 fino alla guerra, col modernismo e il filosofismo idealistico; quella fino al concordato, con l'organizzazione politica dei cattolici italiani; e quella post-concordataria, con una nuova posizione del problema, sia per gli intellettuali che per il popolo. È innegabile, nonostante la piú potente organizzazione cattolica e il risveglio di religiosità in questa ultima fase, che molte cose stanno mutando nel cattolicesimo, e che la gerarchia ecclesiastica ne è allarmata, perché non riesce a controllare queste trasformazioni molecolari; accanto a una nuova forma di anticlericalismo, piú raffinata e profonda di quella ottocentesca, c'è un maggiore interesse per le cose religiose da parte dei laici, che portano nella trattazione uno spirito non educato al rigore ermeneutico dei gesuiti e quindi sconfinante spesso nell'eresia, nel modernismo, nello scetticismo elegante.
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