Gli editori britannici, specialmente quelli che hanno succursali in America, hanno dovuto adottare i metodi di propaganda e di diffusione americani. «In Inghilterra il libro, appunto perché piú letto e diffuso che da noi, esercita un'efficacia formativa ed educativa notevole, e rispecchia piú fedelmente che da noi la vita intellettuale della nazione». In questa vita intellettuale sta avvenendo un mutamento.
Dei volumi pubblicati nel primo trimestre del 1932 (che numericamente sono cresciuti in confronto al 1° trimestre del '31), il romanzo mantiene il primo posto; il secondo posto non è piú dei libri per bambini, ma dei libri pedagogici ed educativi in genere, e c'è un sensibile aumento nelle opere storiche e biografiche e nei volumi di carattere tecnico e scientifico, soprattutto popolare.
Dai volumi inviati alla Fiera Internazionale del Libro a Firenze «noi vediamo che i recenti libri di carattere culturale, sono piú tecnici che educativi, tendono a discutere quistioni scientifiche e aspetti della vita sociale, o a fornire cognizioni pratiche, piú che a formare il carattere».
Gli inglesi e la religione. Da un articolo della «Civiltà Cattolica» del 4 gennaio 1930, L'opera della grazia in una recente conversione dall'anglicanismo, tolgo questa citazione dal libro di Vernon Johnson One Lord, one Faith (Un signore una fede, Londra, Sheed and Ward, 1929; il Johnson è appunto il convertito): «L'inglese medio non pensa quasi mai alla quistione dell'autorità nella sua religione. Egli accetta quella forma d'insegnamento della Chiesa anglicana, in cui è stato allevato, sia anglo-cattolica, sia latitudinarista, sia evangelica, e la segue sino al punto in cui comincia a non soddisfare ai suoi bisogni o viene in conflitto con la sua personale opinione.
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