Da tutto questo complesso organico è determinata l'educazione del giovinetto, dal fatto che anche solo materialmente ha percorso tutto quell'itinerario, con quelle tappe, ecc. Si è tuffato nella storia, ha acquistato una intuizione storicistica del mondo e della vita, che diventa una seconda natura, quasi una spontaneità, perché non pedantescamente inculcata per «volontà» estrinsecamente educativa. Questo studio educava senza averne la volontà espressamente dichiarata, col minimo intervento «educativo» dell'insegnante: educava perché istruiva. Esperienze logiche,
artistiche, psicologiche erano fatte senza «rifletterci su», senza guardarsi continuamente allo specchio, ed era fatta specialmente una grande esperienza «sintetica», filosofica, di sviluppo storico-reale.
Ciò non vuol dire (e sarebbe inetto pensarlo) che il latino e il greco, come tali, abbiano qualità intrinsecamente taumaturgiche nel campo educativo. È tutta la tradizione culturale, che vive anche e specialmente fuori della scuola, che in un dato ambiente, produce tali conseguenze. Si vede, d'altronde, come, mutata la tradizionale intuizione della cultura, la scuola sia entrata in crisi e sia entrato in crisi lo studio del latino e del greco.
Bisognerà sostituire il latino e il greco come fulcro della scuola formativa e lo si sostituirà, ma non sarà agevole disporre la nuova materia o la nuova serie di materie in un ordine didattico che dia risultati equivalenti di educazione e formazione generale della personalità, partendo dal fanciullo fino alla soglia della scelta professionale.
| |
|