Mi pare però che l'etrusco continui a essere indecifrato come prima e che tutto si riduca a un ennesimo tentativo fallito.
Nella «Nuova Antologia» del 16 luglio 1928, è pubblicato un articolo di Pericle Ducati, Il Primo Congresso Internazionale Etrusco (27 aprile - 3 maggio 1928), in cui si parla in modo molto strano, ma up to date, della «scoperta» del Trombetti. A p. 199 si parla di «conseguita decifrazione» dell'etrusco, «mercé soprattutto gli sforzi di un italiano, di Alfredo Trombetti». A p. 204 la «conseguita decifrazione» è invece ridotta a «un passo gigantesco nella interpretazione dell'etrusco». La tesi del Trombetti è questa, già fissata da lui nel Convegno Nazionale Etrusco del 1926: l'etrusco è una lingua intermedia, insieme ad altri idiomi dell'Asia Minore e pre-ellenici, tra il gruppo caucasico e il gruppo ario-europeo con maggiori affinità con quest'ultimo; perciò il lemnio, quale appare dalle due iscrizioni della stele famosa, e l'etrusco quasi s'identificano. Questa tesi rientra nel sistema generale del Trombetti che presuppone provata la monogenesi e quindi ha una base molto fragile. E ancora, presuppone certa l'origine transmarina degli Etruschi, mentre questa opinione, se è la piú diffusa, non è universale: Gaetano De Sanctis e Luigi Pareti sostengono invece l'origine transalpina e non sono due studiosi da disprezzare. Al Congresso Internazionale Etrusco il Trombetti è passato alla piú precisa determinazione della grammatica ed alla ermeneutica dei testi, saggio del suo libro La lingua etrusca uscito poco dopo.
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