Il ricordo di questo panico (della sua fase acuta) perdura a lungo e dirige la volontà e i sentimenti: la libertà e la spontaneità creatrice spariscono e rimane l'astio, lo spirito di vendetta, l'accecamento balordo ammantati dalla mellifluità gesuitica. Tutto diventa pratico (nel senso deteriore), tutto è propaganda, polemica, negazione implicita, in forma meschina, angusta, spesso ignobile e rivoltante come nell'Ebreo di Verona.
Quistione della gioventú letteraria di una generazione. Certo, nel giudicare uno scrittore, di cui si esamina il primo libro, occorrerà tener conto dell'«età», perché il giudizio sarà sempre anche di cultura: un frutto acerbo di un giovane può essere apprezzato come una promessa e ottenere un incoraggiamento. Ma i bozzacchioni non sono promesse, anche se paiono aver lo stesso gusto dei frutti acerbi.
Criteri. Essere un'epoca. Nella «Nuova Antologia» del 16 ottobre 1928 Arturo Calza scrive: «Bisogna cioè riconoscere che – dal 1914 in qua – la letteratura ha perduto non solo il pubblico che le forniva gli alimenti (!), ma anche quello che le forniva gli argomenti. Voglio dire che in questa [nostra] società europea, la quale traversa ora uno di quei momenti piú acuti e piú turbinosi di crisi morale e spirituale che preparano (!) le grandi rinnovazioni, il filosofo, e dunque anche, necessariamente, il poeta, il romanziere e il drammaturgo, vedono intorno a sé piuttosto una società "in divenire" che una società assestata e assodata in uno schema definitivo (!) di vita morale e intellettuale; piuttosto vaghe e sempre mutevoli parvenze di costumi e di vita che non vita e costumi saldamente stabiliti e organizzati; piuttosto semi e germogli, che non fiori sbocciati e frutti maturati.
| |
Ebreo Verona Antologia Arturo Calza
|