È da vedere nel capitolo dal Croce dedicato al Loria questo criterio: «Altro è metter fuori una osservazione incidentale, che si lascia poi cadere senza svolgerla, ed altro stabilire un principio di cui si sono scorte le feconde conseguenze; altro enunciare un pensiero generico ed astratto ed altro pensarlo realmente e in concreto; altro, finalmente, inventare, ed altro ripetere di seconda o di terza mano». Si presentano i casi estremi: di chi trova che non c'è mai stato nulla di nuovo sotto il sole e che tutto il mondo è paese, anche nella sfera delle idee e di chi invece trova «originalità» a tutto spiano e pretende sia originale ogni rimasticatura per via della nuova saliva. Il fondamento di ogni attività critica pertanto deve basarsi sulla capacità di scoprire la distinzione e le differenze al di sotto di ogni superficiale e apparente uniformità e somiglianza, e l'unità essenziale al disotto di ogni apparente contrasto e differenziazione alla superficie. (Che occorra, nel giudicare un lavoro, tener conto del fine che l'autore si propone esplicitamente, non significa certo perciò che debba essere sottaciuto o misconosciuto o svalutato un qualsiasi apporto reale dell'autore, anche se in opposizione al fine proposto. Che Cristoforo Colombo si proponesse di andare «a la busca del Gran Khan», non sminuisce il valore del suo viaggio reale e delle sue reali scoperte per la civiltà europea).
Criteri metodologici. Nell'esaminare criticamente una «dissertazione» può essere quistione: 1) di valutare se l'autore dato ha saputo con rigore e coerenza dedurre tutte le conseguenze dalle premesse che ha assunto come punto di partenza (o di vista): può darsi che manchi il rigore, che manchi la coerenza, che ci siano omissioni tendenziose, che manchi la «fantasia» scientifica (che cioè non si sappia vedere tutta la fecondità del principio assunto ecc.
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