Dante sottolinea questa sua forza d'animo. Cavalcante si affloscia ma Farinata non muta aspetto, non muove collo, non piega costa. Cavalcante cade supino, Farinata non ha nessun gesto di abbattimento; Dante analizza negativamente Farinata per suggerire i (tre) movimenti di Cavalcante, lo stravolgimento del sembiante, la testa che ricade, il dorso che si piega. Tuttavia c'è qualcosa di mutato anche in Farinata. La sua ripresa non è piú cosí altera come la prima sua apparizione.
Dante non interroga Farinata solo per «istruirsi», egli lo interroga perché è rimasto colpito della scomparsa di Cavalcante. Egli vuole che gli sia sciolto il nodo che gli impedí di rispondere a Cavalcante; egli si sente in colpa dinanzi a Cavalcante. Il brano strutturale non è solo struttura, dunque, è anche poesia, è un elemento necessario del dramma che si è svolto.
Critica dell'«inespresso»?. Le osservazioni da me fatte potrebbero dar luogo all'obbiezione: che si tratti di una critica dell'inespresso, di una storia dell'inesistito, di un'astratta ricerca di plausibili intenzioni mai diventate concreta poesia, ma di cui rimangono tracce esteriori nel meccanismo della struttura. Qualcosa come la posizione che spesso assume il Manzoni nei Promessi Sposi, come quando Renzo, dopo aver errato alla ricerca dell'Adda e del confine, pensa alla treccia nera di Lucia: «... e contemplando l'immagine di Lucia! non ci proveremo a dire ciò che sentisse: il lettore conosce le circostanze: se lo figuri». Si potrebbe anche qui trattare di cercare di «figurarsi» un dramma, conoscendone le circostanze.
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