(Su questo argomento ho scritto altra nota). Vedere se spunti interessanti nel libro di A. A. Zottoli, Umili e potenti nella poetica di A. Manzoni, Ed. «La Cultura», Roma-Milano 1931.
Sul libro dello Zottoli cfr. Filippo Crispolti, Nuove indagini sul Manzoni, nel «Pègaso», di agosto 1931. Questo articolo del Crispolti è interessante di per se stesso, per comprendere l'atteggiamento del cristianesimo gesuitico verso gli «umili». Ma in realtà mi pare che il Crispolti abbia ragione contro lo Zottoli, sebbene il Crispolti ragioni «gesuiticamente». Dice il Crispolti del Manzoni: «Il popolo ha per sé tutto il cuore di lui, ma egli non si piega ad adularlo mai; lo vede anzi collo stesso occhio severo con cui vede i piú di coloro che non sono popolo». Ma non si tratta di volere che il Manzoni «aduli il popolo», si tratta del suo atteggiamento psicologico verso i singoli personaggi che sono «popolari»; questo atteggiamento è nettamente di casta pur nella sua forma religiosa cattolica; i popolani, per il Manzoni, non hanno «vita interiore», non hanno personalità morale profonda; essi sono «animali» e il Manzoni è «benevolo» verso di loro proprio della benevolenza di una cattolica società di protezione degli animali. In un certo senso il Manzoni ricorda l'epigramma su Paolo Bourget: che per il Bourget occorre che una donna abbia 100.000 franchi di rendita per avere una psicologia. Da questo punto di vista il Manzoni (e il Bourget) sono schiettamente cattolici; niente in loro dello spirito «popolare» di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo.
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