Lo Zottoli cerca di rispondere al Crispolti nel «Pègaso» del settembre 1931.
Adolfo Faggi nel «Marzocco» del 1° novembre 1931 scrive alcune osservazioni sulla sentenza «Vox populi vox Dei» nei Promessi Sposi. La sentenza è citata due volte (secondo il Faggi) nel romanzo: una volta nell'ultimo capitolo ed appare detta da Don Abbondio a proposito del marchese successore di Don Rodrigo: «E poi non vorrà che si dica che è un grand'uomo. Lo dico e lo voglio dire. E anche se io stessi zitto, già non servirebbe a nulla, perché parlan tutti, e vox populi, vox Dei». Il Faggi fa osservare che questo solenne proverbio è impiegato da don Abbondio un po' enfaticamente, mentre egli si trova in quella felice disposizione d'animo per la morte di don Rodrigo, ecc.; non ha particolare importanza o significato. L'altra volta la sentenza si trova nel cap. XXXI, dove si parla della peste: «Molti medici ancora, facendo eco alla voce del popolo (era, anche in questo caso, voce di Dio?) deridevano gli auguri sinistri, gli avvertimenti minacciosi dei pochi, ecc.». Qui il proverbio è riportato in italiano e in parentesi, con intonazione ironica. Negli Sposi Promessi (cap. III del tomo IV, ediz. Lesca) il Manzoni scrive a lungo sulle idee tenute generalmente per vere in un tempo o in un altro dagli uomini e conchiude che se oggi si possono trovare ridicole le idee diffuse tra il popolo al tempo della peste di Milano, non possiamo sapere se idee odierne non saranno trovate ridicole domani, ecc. Questo lungo ragionamento della prima stesura è riassunto nel testo definitivo nella breve domanda: «Era anche in questo caso voce di Dio?
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