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Il Faggi distingue tra i casi in cui per il Manzoni la voce del popolo non è in certi casi voce di Dio, da altri in cui può esser tale. Non sarebbe voce di Dio «quando si tratti d'idee o meglio di cognizioni specifiche, che soltanto dalla scienza e dai suoi continui progressi possono essere determinate; ma quando si tratti di quei principii generali e sentimenti comuni per natura a tutti quanti gli uomini, che gli antichi comprendevano nella ben nota espressione di conscentia generis humani». Ma il Faggi non pone molto esattamente la quistione, che non può essere risolta senza riferirsi alla religione del Manzoni, al suo cattolicismo. Cosí riporta per esempio il famoso parere di Perpetua a don Abbondio, parere che coincide con l'opinione del card. Borromeo. Ma nel caso non si tratta di una quistione morale o religiosa, ma di un consiglio di prudenza pratica, dettato dal senso comune piú banale. Che il card. Borromeo si trovi d'accordo con Perpetua non ha quella importanza che sembra al Faggi. Mi pare sia legato al tempo e al fatto che l'autorità ecclesiastica aveva un potere politico e un'influenza; che Perpetua pensi che don Abbondio debba ricorrere all'arcivescovo di Milano, è cosa naturale (serve solo a mostrare come Don Abbondio avesse perduto la testa in quel momento e Perpetua avesse piú «spirito di corpo» di lui), come è naturale che Federico Borromeo cosí parli. Non c'entra la voce di Dio in questo caso. Cosí non ha molto rilievo l'altro caso: Renzo non crede all'efficienza del voto di castità fatto da Lucia e in ciò si trova d'accordo col padre Cristoforo.
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