Il Fracchia si lamenta della critica, che si pone solo dal punto di vista dei grandi capolavori, che si è rarefatta nella perfezione delle teorie estetiche ecc. Ma se i libri fossero esaminati da un punto di vista di storia della cultura, si lamenterebbe lo stesso e peggio, perché il contenuto ideologico e culturale dell'attuale letteratura è quasi zero, ed è, per di piú, contraddittorio e discretamente gesuitico.
Non è neanche vero (come ha scritto l'Ojetti nella lettera al Fracchia) che in Italia non esista una «critica del pubblico»; esiste, ma a suo modo, perché il pubblico legge molto e quindi sceglie tra ciò che esiste a sua disposizione. Perché questo pubblico preferisce ancora Alessandro Dumas e Carolina Invernizio e si getta avidamente sui romanzi gialli? D'altronde questa critica del pubblico italiano ha una sua organizzazione, che è rappresentata dagli editori, dai direttori di quotidiani e periodici popolari; si manifesta nella scelta delle appendici; si manifesta nella traduzione di libri stranieri e non solo attuali, ma vecchi, molto vecchi; si manifesta nei repertori delle compagnie teatrali ecc. Né si tratta di esotismo al cento per cento, perché in musica lo stesso pubblico vuole Verdi, Puccini, Mascagni, che non hanno i corrispondenti nella letteratura, evidentemente. Non solo; ma all'estero Verdi, Puccini, Mascagni sono preferiti spesso dai pubblici stranieri ai loro stessi musicisti nazionali e attuali. Questo fatto è la riprova piú perentoria che in Italia c'è distacco tra pubblico e scrittori e il pubblico cerca la «sua» letteratura all'estero, perché la sente piú «sua» di quella cosí detta nazionale.
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