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      Cosí in Italia grande abbondanza di libri come il Galateo, in cui si bada all'atteggiamento esteriore delle classi alte. Nessun libro come quelli dei grandi moralisti francesi (o di ordine subalterno come in Gaspare Gozzi), con le loro analisi raffinate e capillari. Questa differenza nel «romanzo» che in Italia è piú esteriore, gretto, senza contenuto umano nazionale-popolare o universale.
      Il sentimento «attivo» nazionale degli scrittori. Estratto dalla Lettera a Piero Parini sugli scrittori sedentari di Ugo Ojetti (nel «Pègaso» del settembre 1930): «Come mai noi italiani che abbiamo portato su tutta la terra il nostro lavoro e non soltanto il lavoro manuale, e che da Melbourne a Rio, da S. Francisco a Marsiglia, da Lima a Tunisi abbiamo dense colonie nostre, siamo i soli a non avere romanzi in cui i nostri costumi e la nostra coscienza siano rivelati in contrasto con la coscienza e i costumi di quelli stranieri fra i quali siamo capitati a vivere, a lottare, a soffrire, e talvolta anche a vincere? D'italiani, in basso e in alto, manovali o banchieri, minatori o medici, camerieri o ingegneri, muratori o mercanti, se ne trovano in ogni angolo del mondo. La letteratissima letteratura nostra li ignora, anzi li ha sempre ignorati. Se non v'è romanzo o dramma senza un progrediente contrasto d'anime, quale contrasto piú profondo e concreto di questo tra due razze, e la piú antica delle due, la piú ricca cioè d'usi e riti immemorabili, spatriata e ridotta a vivere senza altro soccorso che quello della propria energia e resistenza?


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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