Importa specialmente la raccolta Giustizia che, dice il Vaccalluzzo, la aveva cantata come poeta proletario (!), «piú con veemenza di parole che di sentimento»: ma appunto questa Giustizia è poesia da democratico-contadino, secondo i miei ricordi.
Piedigrotta. In un articolo sul «Lavoro» (8 settembre 1929) Adriano Tilgher scrive che la poesia dialettale napoletana e quindi in gran parte la fortuna delle canzoni di Piedigrotta è in fiera crisi. Se ne sarebbero essicate le due grandi fonti: realismo e sentimentalismo. «Il mutamento di sentimenti e di gusti è stato cosí rapido e sconvolgente, cosí vorticoso e subitaneo, ed è ancora cosí lontano dall'essersi cristallizzato in qualcosa di stabile e di duraturo che i poeti dialettali che si avventurano su quelle sabbie mobili per tentare di portarle alla durezza e alla chiarezza della forma sono condannati a sparirvi dentro senza rimedio».
La crisi di Piedigrotta è veramente un segno dei tempi. La teorizzazione di Strapaese ha ucciso strapaese (in realtà si voleva fissare un figurino tendenzioso di strapaese assai ammuffito e scimunito). E poi l'epoca moderna non è espansiva, è repressiva. Non si ride piú di cuore: si sogghigna e si fa dell'arguzia meccanica tipo Campanile. La fonte di Piedigrotta non si è essicata, è stata essicata perché era diventata «ufficiale» e i canzonieri erano diventati funzionari (vedi Libero Bovio) (e cfr. l'apologo francese del becco funzionario).
Letteratura italiana. Contributo dei burocratici. Articolo di Orazio Pedrazzi nell'«Italia Letteraria» del 4 agosto 1929: Le tradizioni antiletterarie della burocrazia italiana.
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