Il termine corrente «nazionale» è in Italia legato a questa tradizione intellettuale e libresca, quindi la facilità sciocca e in fondo pericolosa di chiamare «antinazionale» chiunque non abbia questa concezione archeologica e tarmata degli interessi del paese.
Sono da vedere gli articoli di Umberto Fracchia nell'«Italia Letteraria» del luglio 1930 e la Lettera a Umberto Fracchia sulla critica di Ugo Ojetti nel «Pègaso» dell'agosto 1930. I lamenti del Fracchia sono molto simili a quelli della «Critica Fascista». La letteratura «nazionale» cosí detta «artistica», non è popolare in Italia. Di chi la colpa? Del pubblico che non legge? Della critica che non sa presentare ed esaltare al pubblico i «valori» letterari? Dei giornali che invece di pubblicare in appendice «il romanzo moderno italiano» pubblicano il vecchio Conte di Montecristo? Ma perché il pubblico non legge in Italia mentre legge negli altri paesi? Ed è poi vero che in Italia non si legga? Non sarebbe piú esatto porsi il problema: perché il pubblico italiano legge la letteratura straniera, popolare e non popolare, e non legge invece quella italiana? Lo stesso Fracchia non ha pubblicato degli ultimatum agli editori che pubblicano (e quindi devono vendere, relativamente) opere straniere, minacciando provvedimenti governativi? E un tentativo di intervento governativo non c'è stato, almeno in parte, per opera dell'on. Michele Bianchi, sottosegretario agli interni?
Cosa significa il fatto che il popolo italiano legge di preferenza gli scrittori stranieri?
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