I Promessi Sposi, i romanzi del D'Azeglio e gli altri della stessa indole, i versi del Giusti e quelli che prendono ad argomento le lievi vicende e la serena natura, come le rime del Pascoli e di Ada Negri. La Formiggini-Santamaria fa alcune considerazioni interessanti: «Questa interpretazione del tema si giustifica pensando quanto sia stata scarsa nella prima metà del secolo scorso la diffusione dell'alfabeto tra gli artigiani e i contadini (ma la letteratura popolare non si diffonde solo per lettura individuale, ma anche per letture collettive; altre attività: i Maggi in Toscana, i cantastorie nell'Italia meridionale, sono proprie di ambienti arretrati dove [è] diffuso l'analfabetismo; anche le gare poetiche in Sardegna e Sicilia), e scarsa anche la stampa di libri adatti (cosa vuol dire «adatti»? e la letteratura non fa nascere nuovi bisogni?) alla povera mentalità di lavoratori del braccio; l'A. avrà pensato che, rievocando soltanto questi, il suo studio sarebbe riuscito molto ristretto. Pure a me pare che l'intenzione implicita nel tema dato, sia stata di far risaltare, insieme con la scarsità di scritti d'indole popolare del sec. XIX, il bisogno di scrivere per il popolo libri adatti, e di far ricercare – attraverso l'analisi del passato – i criteri ai quali una letteratura popolare debba ispirarsi. Non dico che non dovesse esser dato uno sguardo alle pubblicazioni che nelle intenzioni degli scrittori dovevano servire ad educare il popolo senza tuttavia arrivare ad esso; ma da tale cenno avrebbe dovuto piú esplicitamente risultare per quale motivo la buona intenzione restò intenzione.
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