È l'unico caso in cui l'eccesso non guasta"». Il Tonelli è sciocco, ma il Capuana non scherza anche lui col suo frasario da giornaletto crispino di provincia: bisognerebbe poi vedere cosa valeva allora la sua ideologia del «C'era una volta», che esaltava un paternalismo anacronistico e tutt'altro che nazionale, nell'Italia di allora.
Del Capuana occorrerà ricordare il teatro dialettale e le opinioni sulla lingua nel teatro, a proposito della quistione della lingua nella letteratura italiana. Alcune commedie del Capuana (come Giacinta, Malia, Il cavalier Pedagna) furono scritte originariamente in italiano e poi voltate in dialetto: solo in dialetto ebbero successo. Il Tonelli, che non capisce nulla, scrive che il Capuana fu indotto alla forma dialettale nel teatro «non soltanto dalla convinzione che "bisogna passare pei teatri dialettali, se si vuole davvero arrivare al teatro nazionale italiano" [...], ma anche e soprattutto dal carattere particolare delle sue creazioni drammatiche: le quali sono squisitamente (!) dialettali, e nel dialetto trovano la loro piú naturale e schietta espressione». Ma cosa poi significa «creazioni squisitamente dialettali»? Il fatto è spiegato col fatto stesso, cioè non è spiegato (è da ricordare ancora che il Capuana scriveva in dialetto la sua corrispondenza con una sua «mantenuta», donna del popolo, cioè comprendeva che l'italiano non gli avrebbe permesso di essere capito con esattezza e «simpaticamente» dagli elementi del popolo, la cui cultura non era nazionale, ma regionale, o nazionale-siciliana; come, in tali condizioni, si potesse passare dal teatro dialettale a quello nazionale è una affermazione per enigmi e dimostra solo scarsa comprensione dei problemi culturali nazionali).
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