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      Scritti sull'Ojetti di Giovanni Ansaldo che d'altronde rassomiglia all'Ojetti molto piú di quanto potesse parere una volta. La manifestazione piú caratteristica di Ugo Ojetti è la sua lettera aperta al padre Enrico Rosa, pubblicata nel «Pègaso» e riprodotta nella «Civiltà Cattolica» con commento del Rosa. L'Ojetti dopo l'annunzio della avvenuta conciliazione tra Stato e Chiesa non solo era persuaso che ormai tutte le manifestazioni intellettuali italiane sarebbero state controllate secondo uno stretto conformismo cattolico e clericale, ma si era già adattato a questa idea e si rivolse al padre Rosa con uno stile untuosamente adulatorio delle benemerenze culturali della Compagnia di Gesú per impetrare una «giusta» libertà artistica. Non si può dire, alla luce degli avvenimenti posteriori (discorso alla Camera del Capo del Governo) se sia stata piú abbietta la prostrazione dell'Ojetti o piú comica la sicura baldanza del padre Rosa che, in ogni caso, diede una lezione di carattere all'Ojetti, s'intende al modo dei gesuiti. L'Ojetti è rappresentativo da piú punti di vista: ma la codardia intellettuale dell'uomo supera ogni misura normale.
      Alfredo Panzini: già nella preistoria con qualche brano, per esempio, della Lanterna di Diogene (l'episodio del «livido acciaro» vale un poema di comicità), poi Il padrone sono me, Il mondo è rotondo e quasi tutti i suoi libri dalla guerra in poi. Nella Vita di Cavour è contenuto un accenno proprio al padre Bresciani, veramente strabiliante se non fosse sintomatico.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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