In un terzo periodo è probabile che il Papini, impiegando le geniali illuminazioni critiche che caratterizzano A. Loria, giunga a concludere della necessità di rapporti tra il cristianesimo e l'inversione.
Nell'«Italia Letteraria» del 27 agosto 1933 Luigi Volpicelli cosí scrive di Papini (incidentalmente, in un saggio su Problemi della letteratura d'oggi, uscito in varie puntate): «Non basta a cinquant'anni – voglia perdonare Papini la mia franchezza – non basta dire: lo scrittore dev'essere maestro; occorre poter dire almeno: ecco qui, gente ruffiana, l'arte vera, l'arte maestra. Ma limitarsi a proporre, nel cinquantesimo anno di età, o giú di lí, lo scrittore come maestro, quando maestri non si è mai stati, non vale nemmeno da mea culpa. E già, siamo alle solite, infatti! Papini ha esercitato tutti i mestieri, per poi sporcificarli tutti: il filosofo, per concludere che la filosofia è una specie di cancrena al cervelletto, il cattolico, per incenerare l'universo con un appropriato dizionario, il letterato, per sancir da ultimo che della letteratura non sappiamo che farcene. Ciò non toglie che Papini non si sia conquistato un posticino nella storia della letteratura dentro il capitolo i "polemisti". Ma la polemica vale l'oratoria: è proprio la forma pura e vuota, è mero amor di parola e di tecnica, di gesto, un calligrafismo spirituale e congenito; insomma, la cosa piú lontana possibile dallo scrittore come maestro».
Papini è sempre stato un «polemista» nel senso che dice il Volpicelli, e lo è ancor oggi, poiché non si sa se nell'espressione «polemista cattolico» a Papini interessi piú il sostantivo o l'aggettivo.
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