Col suo «cattolicismo» Papini avrebbe voluto dimostrare di non essere un puro «polemista», cioè un «calligrafo», un funambolo della parola e della tecnica, ma non c'è riuscito! Il Volpicelli ha torto nel non precisare: il polemista è polemista di una concezione del mondo, sia pure il mondo di Pulcinella, ma Papini è il polemista «puro», il boxeur di professione della parola qualsiasi: Volpicelli avrebbe dovuto giungere esplicitamente all'affermazione che il cattolicismo in Papini è un vestito da clown, non la «pelle» formata dal suo sangue «rinnovato», ecc.
Prezzolini. Il Codice della Vita italiana (Editrice la S. A. «La Voce», Firenze, 1921) conchiude il periodo originario e originale dell'attività del Prezzolini, dello scrittore moralista sempre in campagna per rinnovare e ammodernare la cultura italiana. Subito dopo, Prezzolini «entra in crisi», con alti e bassi curiosissimi, fino a imbrancarsi nella corrente tradizionale e a lodare ciò che aveva vituperato.
Un momento della crisi è rappresentato dalla lettera scritta nel 1923 a P. Gobetti, Per una società degli Apoti, ristampata nel volumetto Mi pare. Il Prezzolini sente che la sua posizione di «spettatore» «è un po', un pochino (!), vigliacca». «Non sarebbe nostro dovere di prender parte? Non c'è qualche cosa di uggioso (!), di antipatico (!), di mesto (!), nello spettacolo di questi giovani [...] che stanno (quasi tutti) fuori della lotta, guardando i combattenti e domandandosi soltanto come si danno i colpi e perché e per come?
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