Cosí l'Ansaldo è divenuto la «Stelletta nera» del «Lavoro», stelletta con cinque punte, da non confondersi con quella che nei «Problemi del Lavoro» serve a indicare Franz Weiss e che ha sei punte (che l'Ansaldo ci tenga alle sue cinque punte appare dall'Almanacco delle Muse del 1931, rubrica genovese; l'Almanacco delle Muse fu pubblicato dall'Alleanza del Libro). Per l'Ansaldo tutto diventa eleganza culturale e letteraria: l'erudizione, la precisione, l'olio di ricino, il bastone, il pugnale; la morale non è serietà morale ma eleganza, fiore all'occhiello. Anche questo atteggiamento è gesuitico, è una forma di culto del proprio particolare nell'ordine dell'intelligenza, una esteriorità da sepolcro imbiancato. Del resto, come dimenticare che appunto i gesuiti sono sempre stati maestri di «eleganza» (gesuitica) di stile e di lingua?
Curzio Malaparte. Il suo vero nome è Kurt Erich Suckert, italianizzato verso il 1924 in Malaparte per un bisticcio con i Buonaparte (cfr. collezione della rivista «La Conquista dello Stato»). Nel primo dopoguerra sfoggiò il nome straniero. Appartenne all'organizzazione di Guglielmo Lucidi che arieggiava al gruppo francese di «Clarté» di H. Barbusse e al gruppo inglese del «Controllo democratico»; nella collezione della rivista del Lucidi intitolata «Rassegna (o Rivista) Internazionale» pubblicò un libro di guerra La rivolta dei santi maledetti, una esaltazione del presunto atteggiamento disfattista dei soldati italiani a Caporetto, brescianescamente corretta in senso contrario nella edizione successiva e quindi ritirata dal commercio.
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