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      Cosí, per Malaparte, anche Herriot è un rivoluzionario, almeno per certi aspetti, e allora diventa ancor piú difficile comprendere cosa significa «rivoluzionario» e per Malaparte e in generale. Se nel linguaggio comune di certi gruppi politici, rivoluzionario stava assumendo sempre piú il significato di «attivista», di «interventista», di «volontarista», di «dinamico» è difficile dire come Herriot possa esserne qualificato e perciò Herriot con spirito ha risposto di essere un «cartesiano». Per Malaparte pare possa intendersi che «rivoluzionario» è diventato un complimento, come una volta «gentiluomo» o «grande galantuomo» o «vero galantuomo» ecc. Anche questo è brescianesimo: dopo il '48 i gesuiti chiamavano se stessi «veri liberali» e i liberali, libertini e demagoghi.
      L'accademia dei Dieci. Vedi articolo di C. Malaparte Una specie di Accademia nella «Fiera Letteraria» del 3 giugno 1928: il «Lavoro d'Italia» avrebbe pagato 150.000 lire il romanzo Lo Zar non è morto scritto in cooperativa dai Dieci. «Per il "Romanzo dei Dieci" i tesserati della Confederazione, in grandissima maggioranza operai, hanno dovuto sborsare ben 150.000 lire. Perché? Per la sorprendente ragione che gli autori son dieci e che fra i Dieci figurano, oltre i nomi del Presidente e del Segretario generale del "Raduno", quelli del Segretario nazionale e di due membri del Direttorio del Sindacato autori e scrittori!... Che cuccagna il sindacalismo intellettuale di Giacomo di Giacomo». Il Malaparte scrive ancora: «Se quei dirigenti, cui si riferisce il nostro discorso, fossero fascisti, non importa se di vecchia o di nuova data, avremmo seguito altra via per denunciare gli sperperi e le camorre: ci saremmo rivolti, cioè, al Segretario del P. N. F. Ma trattandosi di personaggi senza tessera, politicamente poco puliti e mal compromessi alcuni, altri infilatisi nei Sindacati all'ora del pranzo, abbiamo preferito sbrigar le cose senza scandalo (!), con queste quattro parole dette in pubblico». Questo pezzo è impagabile.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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