..». A queste eleganze del Ramperti l'Ungaretti risponde con una lettera pubblicata nell'«Italia Letteraria» del 10 aprile e che mi pare un «segno dei tempi». Se ne possono ricavare quali «rivendicazioni» l'Ungaretti ponga al «suo paese» per essere compensato dei suoi meriti nazionali e mondiali. (L'Ungaretti non è che un buffoncello di mediocre intelligenza): «Caro Angioletti, di ritorno da un viaggio faticoso per guadagnare lo scarso pane dei miei bimbi, trovo i numeri dell'"Ambrosiano" e della "Stampa" nei quali un certo signor Ramperti ha creduto di offendermi. Potrei rispondergli che la mia poesia la capivano i contadini, miei fratelli, in trincea; la capisce il mio Duce che volle onorarla di una prefazione; la capiranno sempre i semplici e i dotti di buona fede. Potrei dirgli che da 15 anni tutto ciò che di nuovo si fa in Italia e fuori, porta in poesia l'impronta dei miei sogni e del mio tormento espressivo; che i critici onesti, italiani e stranieri, non si fanno pregare per riconoscerlo; e, del resto, non ho mai chiesto lodi a nessuno. Potrei dirgli che una vita durissima come la mia, fieramente italiana e fascista, sempre, davanti a stranieri e connazionali, meriterebbe almeno di non vedersi accrescere le difficoltà da parte di giornali italiani e fascisti. Dovrei dirgli che se c'è cosa enigmatica nell'anno X (vivo d'articoli nell'assoluta incertezza del domani, a quaranta anni passati!), è solo l'ostinata cattiveria verso di me da parte di gente di... spirito. – Con affetto – Giuseppe Ungaretti». La lettera è un capolavoro di tartuferia letteraria e di melensaggine presuntuosa.
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