). È invece difficilissimo essere intellettuale attivo «cattolico» e artista «cattolico» (romanziere specialmente e anche poeta), perché si domanda un tale corredo di nozioni su encicliche, controencicliche, brevi, lettere apostoliche ecc., e le deviazioni dall'indirizzo ortodosso chiesastico sono state nella storia tante e cosí sottili che cadere nell'eresia o nella mezza eresia o in un quarto di eresia è cosa facilissima. Il sentimento religioso schietto è stato disseccato: occorre essere dottrinari per scrivere «ortodossamente». Perciò nell'arte la religione non è piú un sentimento nativo, è un motivo, uno spunto. E la letteratura cattolica può avere dei padri Bresciani e degli Ugo Mioni, non può avere piú un S. Francesco, un Passavanti, un [Tommaso] da Kempis; può essere «milizia», propaganda, agitazione, non piú ingenua effusione di fede che non è incontrastata, ma polemizzata, anche nell'intimo di quelli che sono sinceramente cattolici. L'esempio del Manzoni può essere portato a prova: quanti articoli sul Manzoni ha pubblicato la «Civiltà Cattolica» nel suoi 84 anni di vita e quanti su Dante? In realtà i cattolici piú ortodossi diffidano del Manzoni e ne parlano il meno che possono: certo non lo analizzano come fanno per Dante e qualche altro.
Scrittori «tecnicamente» cattolici. È notevole la scarsità degli scrittori cattolici in Italia, scarsità che ha una sua ragione d'essere, nel fatto che la religione è staccata dalla vita militante in tutte le sue manifestazioni. S'intende «scrittori» che abbiano una qualche dignità intellettuale e che producano opere d'arte, dramma, poesia, romanzo.
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