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      Grammatica storica e grammatica normativa. Posto che la grammatica normativa è un atto politico, e che solo partendo da questo punto di vista si può giustificare «scientificamente» la sua esistenza, e l'enorme lavoro di pazienza che il suo apprendimento richiede (quanto lavoro occorre fare per ottenere che da centinaia di migliaia di reclute della piú disparata origine e preparazione mentale risulti un esercito omogeneo e capace di muoversi e operare disciplinatamente e simultaneamente: quante «lezioni pratiche e teoriche» di regolamenti, ecc.) è da porre il suo rapporto con la grammatica storica. Il non aver definito questo rapporto spiega molte incongruenze delle grammatiche normative, fino a quella del Trabalza-Allodoli. Si tratta di due cose distinte e in parte diverse, come la storia e la politica, ma che non possono essere pensate indipendentemente: come la politica dalla storia. D'altronde, poiché lo studio delle lingue come fenomeno culturale è nato da bisogni politici (piú o meno consapevoli e consapevolmente espressi) le necessità della grammatica normativa hanno influito sulla grammatica storica e sulle «concezioni legislative» di essa (o almeno questo elemento tradizionale ha rafforzato nel secolo scorso l'applicazione del metodo naturalistico-positivistico allo studio della storia delle lingue concepito come «scienza del linguaggio»). Dalla grammatica del Trabalza e anche dalla recensione stroncatoria dello Schiaffini («Nuova Antologia», 16 settembre 1934) appare come anche dai cosí detti «idealisti» non sia compreso il rinnovamento che nella scienza del linguaggio hanno portato le dottrine del Bartoli.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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