Le lingue artificiali sono come i gerghi: non è vero che siano assolutamente non lingue perché sono in qualche modo utili: hanno un contenuto storico-sociale molto limitato. Ma ciò avviene anche tra dialetto e lingua nazionale-letteraria. Eppure anche il dialetto è lingua-arte. Ma tra il dialetto e la lingua nazionale-letteraria qualcosa è mutato: precisamente l'ambiente culturale, politico-morale-sentimentale. La storia delle lingue è storia delle innovazioni linguistiche, ma queste innovazioni non sono individuali (come avviene nell'arte) ma sono di un'intera comunità sociale che ha innovato la sua cultura, che ha «progredito» storicamente: naturalmente anch'esse diventano individuali, ma non dell'individuo-artista, dell'individuo-elemento storico-culturale completo determinato.
Anche nella lingua non c'è partenogenesi, cioè la lingua [che] produce altra lingua, ma c'è innovazione per interferenze di culture diverse ecc., ciò che avviene in modi molto diversi e ancora avviene per intere masse di elementi linguistici, e avviene molecolarmente (per esempio: il latino ha come «massa» innovato il celtico delle Gallie, e ha invece influenzato il germanico «molecolarmente», cioè imprestandogli singole parole o forme ecc.). L'interferenza e l'influenza «molecolare» può avvenire nello stesso seno di una nazione, tra diversi strati ecc.; una nuova classe che diventa dirigente innova come «massa»; il gergo dei mestieri ecc. cioè delle società particolari, innovano molecolarmente. Il giudizio artistico in queste innovazioni ha il carattere del «gusto culturale», non del gusto artistico, cioè per la stessa ragione per cui piacciono le brune o le bionde e mutano gli «ideali» estetici, legati a determinate culture.
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Gallie
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