Certo esiste una «religione di popolo», specialmente nei paesi cattolici e ortodossi, molto diversa da quella degli intellettuali (che siano religiosi) e specialmente da quella organicamente sistemata dalla gerarchia ecclesiastica – sebbene si possa sostenere che tutte le religioni, anche le piú dirozzate e raffinate, siano «folclore» in rapporto al pensiero moderno, con la capitale differenza che le religioni e quella cattolica in primo luogo, sono appunto «elaborate e sistemate» dagli intellettuali (c. s.) e dalla gerarchia ecclesiastica e pertanto presentano speciali problemi (è da vedere se una tale elaborazione e sistemazione non sia necessaria per mantenere il folclore disse- minato e molteplice: le condizioni della Chiesa prima e dopo la Riforma e il Concilio di Trento e il diverso sviluppo storico-culturale dei paesi riformati e di quelli ortodossi dopo la Riforma e Trento sono elementi molto significativi). Cosí è vero che esiste una «morale del popolo», intesa come un insieme determinato (nel tempo e nello spazio) di massime per la condotta pratica e di costumi che ne derivano o le hanno prodotte, morale che è strettamente legata, come la superstizione, alle credenze reali religiose: esistono degli imperativi che sono molto piú forti, tenaci ed effettuali che non quelli della «morale» ufficiale. Anche in questa sfera occorre distinguere diversi strati: quelli fossilizzati che rispecchiano condizioni di vita passata e quindi conservativi e reazionari, e quelli che sono una serie di innovazioni, spesso creative e progressive, determinate spontaneamente da forme e condizioni di vita in processo di sviluppo e che sono in contraddizione, o solamente diverse, dalla morale degli strati dirigenti.
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