Sarebbe interessante ricordare lo stretto rapporto che esiste tra la religione cattolica, cosí come è stata intesa sempre dalle grandi masse e gli «immortali principii dell'89». I cattolici stessi della gerarchia ammettono questo rapporto quando affermano che la rivoluzione francese è stata una «eresia» o che da essa si è iniziata una nuova eresia, riconoscono cioè che allora è avvenuta una scissione nella stessa fondamentale mentalità e concezione del mondo e della vita: d'altronde solo cosí si può spiegare la storia religiosa della Rivoluzione francese, ché sarebbe altrimenti inesplicabile l'adesione in massa alle nuove idee e alla politica rivoluzionaria dei giacobini contro il clero, di una popolazione che era certo ancora profondamente religiosa e cattolica. Per ciò si può dire che concettualmente non i principii della Rivoluzione francese superano la religione, poiché appartengono alla sua stessa sfera mentale, – ma i principii che sono superiori storicamente (in quanto esprimono esigenze nuove e superiori) a quelli della Rivoluzione francese, cioè quelli che si fondano sulla realtà effettuale della forza e della lotta.
2) La espressione di diversi gruppi intellettuali, di diverse tendenze politico-giuridiche, che è quella sulla quale si è svolta finora la polemica scientifica sul «diritto naturale». A questo proposito la quistione è stata risolta fondamentalmente dal Croce, col riconoscimento che si è trattato di correnti politiche e pubblicistiche, che avevano il loro significato e la loro importanza in quanto esprimevano esigenze reali nella forma dogmatica e sistematica della cosí detta scienza del diritto (cfr. la trattazione del Croce). Contro questa tendenza si svolge la polemica «apparente» degli attuali esercitatori di scienza del diritto, che in realtà, non distinguendo tra il contenuto reale del «diritto naturale» (rivendicazioni concrete di carattere politico-economico-sociale), la forma della teorizzazione e le giustificazioni mentali che del contenuto reale dà il diritto naturale, sono essi piú acritici e antistorici dei teorici del diritto naturale, cioè sono dei muli bendati del piú gretto conservatorismo (che si riferisce anche alle cose passate e «storicamente» superate e spazzate via).
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