La comicità è di parole, di freddure, e non sempre di buon gusto, anzi per lo piú tolte dal vecchio repertorio caricaturale, cosicché spesso gli attori ne rimangono oppressi; come il povero Conforti (Paolo), al quale è fatta ripetere, per cercare di renderlo piú scialbo e piú grottesco, la vecchia boutade del viaggiatore che non può cambiare il posto incomodo con un altro, perché nello scompartimento egli è solo.
E altre e altre, stillicidio noioso e schiacciante con parentesi di grossolanità come quella dell'albergatrice da due anni vedova che non ha potuto nell'intervallo coniugale procurarsi la piú piccola soddisfazione. Gli interpreti fecero del loro meglio per dare tutto ciò che era possibile: ammirevoli, come al solito, la Galli e il Guasti.
(23 gennaio 1916).
«Il pomo della discordia» di Testoni al Carignano. Pomo della discordia tra il conte e la contessa Alberti pare sia il fatto che il loro unigenito è femmina e non maschio. Quindi separazione legale, carta bollata, ecc., e sentenza del tribunale che fa sí che Luciana, la prole non desiderata dal padre, debba trascorrere la sua vita a pezzi e bocconi, quattro mesi con l'uno e quattro mesi con l'altro dei suoi cosí suscettibili genitori. E la fanciulla, educata dal padre, a quanto dice l'autore, senza pregiudizi, o almeno, senza troppi pregiudizi femminili, prepara un complotto per rifare la famiglia cosí poco tragicamente separata. Salva la mamma da un cattivo passo, la conserva degna del papà, e poi riconosciutasi innamorata di un amico d'infanzia, scappa dal papà, gli impone un dilemma: o far la pace o perdere la figliuola che va a marito, e riesce dopo un seguito di avvenimenti superlativamente banali, a non essere piú pomo della discordia, ma a maritarsi e a riconciliare i suoi fieri genitori.
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