Credo infatti che quella Galli-Guasti-Bracci sia l'unica compagnia italiana che meriti veramente questo nome, poiché presenta organicità di ruoli e graduazioni di capacità, che pur lasciando agio ai principes di mettere in rilievo le loro doti speciali, non nuoce all'insieme e dà risalto anche alle parti secondarie.
Il Guasti, la Galli e il Bracci hanno sempre trovato nella Galli, nella Casilini, nel Conforti, nel Fuggetta e negli altri dei cooperatori intelligenti, sempre alacri, che hanno contribuito indubbiamente al buon successo costante delle rappresentazioni, senza far diminuire perciò la personalità dei maggiori, anzi forse mettendole maggiormente in risalto.
(6 marzo 1916).
Ermete Novelli all'Alfieri. Un pubblico speciale aspettava l'altra sera la rentrée di Ermete Novelli: di ammiratori che avevano seguito con affetto nella sua lunga carriera il vecchio attore, e di giovani che forse lo sentivano per la prima volta e volevano fissarsi nella memoria l'immagine dell'interprete sommo di talune figure popolaresche, come papà Martin, concepite ingenuamente, attuate e poste in azione in drammi poco consistenti e artisticamente nulli, ma nei quali tuttavia il richiamo a sentimenti umani elementari, radicati, innati quasi, e diffusi universalmente lascia all'attore la piú grande libertà di creazione individuale, personale. Che rimane di queste rappresentazioni nello spirito dell'ascoltatore? Non certo un godimento artistico, una nuova esperienza estetica, derivante dalla produzione drammatica.
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