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      (12 aprile 1916).
      Il Grand-Guignol al Carignano. Il Grand-Guignol ha portato sulle scene di questo teatro le sue figure di incubo, il suo realismo truce e ingenuo nello stesso tempo, la rappresentazione di una vita esasperata e sussultante di terrore e di spasimi. Nessuna interiorità, nessun urto drammatico di coscienze e di caratteri.
      Della tragicità non c'è che la maschera esteriore, lo spasimo fisico che cerca comunicarsi allo spettatore inebetito con un brivido irresistibile. Bisogna dire che Alfredo Sainati e Bella Starace sono maestri nel raggiungere gli effetti che si propongono di conseguire. La materia bruta, il tritume del fattaccio di cronaca si organizzano nella elasticità della loro personalità artistica che sa atteggiarsi nei modi piú truci, piú sanguinosamente suggestivi. E cosí lo spettatore, che va a teatro per incanagliarsi, per sentire uno strappo di nervi che gli dia l'impressione della vita fittizia della suburra, del bassofondo, è soddisfatto e applaude.
      (25 aprile 1916).
      «Quacquarà» di Capuana all'Alfieri. Quacquarà di Luigi Capuana non è altro che una smilza novella d'ambiente diluita in tre atti, inzeppata di dialoghi e controscene che non portano nessun contributo a una perspicua e viva rappresentazione del protagonista. Don Mario Mamuca è un povero deficiente, perseguitato dai monelli del suo paese che lo tormentano rifacendogli dietro il richiamo delle quaglie: quacquarà, quacquarà. È un nobile spiantato, mezzo analfabeta, che scrive dei versi che non tornano e vive di ripieghi e di elemosine larvate.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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