S'innamora di una ricca signorina che sarebbe felicissima di farsene il paravento per un suo piú precoce errore, perché ha già 35 anni. Il matrimonio però va anch'esso a monte e Quacquarà registra nel libro dei suoi ricordi e dei pettegolezzi paesani un'altra delusione. Tutta la commedia è un susseguirsi di episodi inorganici, appena abbozzati, pieno di lungagnate verbose. È questo un lavoro che Luigi Capuana, che pure era un forte ingegno e uomo di buon gusto, ha lasciato inedito ai suoi eredi, che non hanno certo reso un omaggio alla sua memoria presentandolo al pubblico.
(27 aprile 1916).
«La malquerida» di Benavente al Carignano. La malquerida di Benavente ha fatto ricordare a qualcheduno le produzioni del teatro classico. Naturalmente ogni richiamo è possibile: un'anfora di Samo rassomiglia piú a un boccale di Montelupo che al lupo mannaro, e cosí l'intreccio di Malquerida può far ricordare Eschilo e Shakespeare. Anche in essa infatti una passione perversa attanaglia due creature umane, ed è istintiva, elementare, dovuta al fato, ma la tragedia si estrinseca in forma granguignolesca, e cioè senza profondità di vita interiore, senza tormenti e slanci lirici, riducendosi a gesti brutali. La giovinetta Rosaria non ha mai saputo e potuto amare come padre, il nuovo marito che sua madre ha preso; e d'altronde questo odio ingiustificato fa sí che Renzo non possa in lei vedere una figlia; e una passione morbosa si impadronisce di lui. Per non lasciarla andar via di casa, ne fa uccidere il fidanzato, monta una macchina infernale per rovinare un innocente, un povero Cristo innamorato di Rosaria, ma non riesce a far sí che la verità non venga conosciuta da sua moglie.
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