(30 aprile 1916).
Alfredo Sainati al Carignano. Un teatro affollatissimo per la serata di Alfredo Sainati. L'orribile esperimento del De Lorde, Cravatta nera di L. Ruggi, Revenant del Satèrne, truci e sanguinolenti produzioni granguignolesche, mostrano Sainati nel suo piú noto carattere di attore drammatico di eccezione, procurandogli gli applausi entusiastici degli spettatori, che potrebbero offrire lo spunto a una ricerca psicologica simile a quella che Arturo Graf ha fatto per la tragedia. Perché il pubblico si diverte al Grand-Guignol? Se la natura umana rifugge dal dolore, dalla sofferenza, come mai nel teatro ciò può essere un motivo di attrazione? Non potendosi parlare di godimenti artistici per ciò che riguarda la creazione di fantasmi poetici espressi plasticamente dal dramma, è evidente che la ragione della fortuna di questo teatro è dovuta tutta agli attori che sanno, come il Sainati, dare vita anche a dei pupazzi incolori e incongruenti come quelli che di solito popolano la loro scena.
(14 maggio 1916).
«Il titano» di Niccodemi al Carignano. La guerra evidentemente ha imposto una moratoria anche all'arte. L'azione che si svolge al fronte fa rivolgere tutte le energie degli uomini di buona volontà alla pratica, alla speculazione dell'esaltamento passeggero, che opportunamente solleticato, dà buon gettito di applausi e di cassetta. Santa retorica si dice per le manifestazioni simili del passato, del Risorgimento; perché né Berchet, né Silvio Pellico, né il Giusti, né il Dall'Ongaro, né Poerio ponevano un fine economico all'arte patriottica.
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