Volgare speculazione deve semplicemente giudicarsi quella del Niccodemi, che ha allegramente imbastito, con quella abilità che si è acquistata nel suo garzonato di autore rotto a tutte le piccole astuzie della scena, una commedia di palpitantissima attualità.
Quattro convenzionalità sono i personaggi: il bene assoluto (Marco Asciani), il male assoluto (Gilberto Guidi) suo cognato, l'innocenza sciupata (sorella di Marco), l'innocenza ingenua ed elementare (una bambina). Marco ha partecipato alla guerra con i suoi due figli; questi vi hanno lasciato la vita, egli l'ha scampata per miracolo, e sua moglie è morta di crepacuore. Uscendo dall'ospedale rinnovato di corpo e d'anima, mentre si dispone a diventare l'apostolo di una vita nuova, di una nuova morale, è travolto in uno scandalo di frodi in forniture militari. È Gilberto, l'uomo della preistoria, il bruto pieno di vizi, che essendo stato da lui posto a capo della propria banca, ha speculato sulla vita, sulla incolumità dei soldati per arricchirsi, per alimentare le sue basse cupidigie di gaudente. Marco perde nella crisi tutto il patrimonio, e mentre prima era chiamato titano per la ferrea volontà che esprimeva negli affari, ora si chiama da sé titano perché scopre che per fare il modesto impiegato è necessaria una forza morale ben maggiore di quella richiesta per fare il capitalista. Gilberto sparisce silenziosamente nella sorridente marina di Anzio, perché la coscienza gli è diventata una carceriera implacabile, e decide di non ritornare piú a galla; affinché la nuova Italia non veda piú la fisionomia del frodatore militare.
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