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      Il Tempesti, che è l'attore benelliano per eccellenza, e nel quale la vuota declamazione è diventata abito artistico, continua stasera a prodursi nel Napoleone del Pelaez d'Avoine e si completerà con la Morte civile di Pietro Giacometti.
      (28 settembre 1916).
      «Le due sponde» di Poggio all'Alfieri. Commedia piccolo-borghese a tesi. L'autore polemizza nientemeno che con Giorgio Ohnet per ciò che ha voluto dimostrare nel Padrone delle ferriere. E drammatizza un fatto diverso, in cui le persone rivestono caratteri rappresentativi di classe. La tesi è banale tanto quanto quella del romanzatore francese. Le due sponde sono l'aristocrazia e la borghesia, fra le quali sarebbe impossibile gettare un qualsiasi ponticello sentimentale, senza crisi e disastro a breve scadenza. Le persone sono naturalmente scelte bene: una marchesina pettegola e capricciosa e un ingegnere lacrimoso, figlio di un non meno lacrimoso repubblicano che riesce a far entrare in ogni cosa i santi principî. Noiosi tutte e tre, e determinanti una vita comune cosí noiosa da non trovare nell'adulterio che la piú aspettabile delle soluzioni. L'ultima scena, in cui dalle labbra del vecchio scocca una parola a effetto sicuro, «sgualdrina», rivolta a una donna che è per l'autore solo un'aristocratica, ha salvato l'intiera commedia dalla caduta altrimenti immancabile.
      (29 settembre 1916).
      «Il dio della vendetta» di Shalom Asch al Carignano. Quando Alfredo De Sanctis presentò per la prima volta questo lavoro di un giovanissimo scrittore polacco, da qualcuno fu fatto il nome di Shakespeare, come punto limite di riferimento critico.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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