Cosí nell'Aigrette, cosi in questa nuovissima Nemica. La ficelle è sempre la stessa. Nella Nemica la macchina è anche piú complicata, e i precordi vengono piú violentemente scossi. Roberto di Nièvres è odiato da sua madre; una fanciulla che lo ama, la figlia di un notaio che vorrebbe diventare duchessa, respinta da lui, gli rivela un mistero: Roberto è figlio di un amore colpevole di sua madre, è un intruso, che ha usurpato al secondogenito la ricchezza, il titolo, tutte le fortune e i sorrisi della vita. L'anima medioevale della madre odia in lui la colpa, l'usurpazione. Grande colpo. Il Niccodemi aveva evidentemente su questa deviazione feudale dell'animo di una madre impostato il suo lavoro. Altrimenti non si capirebbe il personaggio del notaio Regnault, depositario di tutti gli scandali aristocratici e che è introdotto a posta per preparare l'urto tra madre e figlio. Ma nel secondo atto il dramma si complica e raggiunge il colmo del successo esteriore.
Nella scena culminante Roberto viene a sapere che Anna di Nièvres non è sua madre affatto, che egli è un figlio naturale del duca morto. La rivelazione della figlia del notaio non era esatta, ma è servita magnificamente per la progressione degli effetti. Nel terzo atto lo scioglimento è coordinato con la guerra. Roberto e suo fratello Gastone vanno a combattere: Gastone muore, e l'ultima sua parola «mamma» riallaccia i legami tra Roberto e Anna di Nièvres; Roberto ritrova una madre. L'effetto era sicuro, e il successo fu grande, anche per la buonissima interpretazione della compagnia Di Lorenzo-Falconi.
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