L'analisi fatta in principio è l'unica che si possa fare: bisogna giustificare il successo, poiché non lo si può spiegare con ragioni che interessino da vicino l'arte.
(9 novembre 1916).
«La madre» allo Scribe. Una famiglia di provincia. Padre, madre e un figlio di trent'anni. Dissidio fra i coniugi: il signore ha sedotto una domestica e ne ha avuto un figlio di ormai venti anni, e la signora dopo questo tradimento coniugale si è chiusa nel suo orgoglio di moglie ferita e nell'amore della legittima prole. Siamo in piena guerra europea e all'inizio della guerra italiana; la terza categoria del 1885 non è stata ancora chiamata. Vittorio, il legittimo, che ha letto molti articoli della «Gazzetta» e se ne serve con molto vigore nelle conversazioni e nelle discussioni, non vuole attendere e si arruola. La fidanzata lo ammira, ed è fiera di lui, il genitore e il futuro suocero anch'essi; la madre, Clara, no, e ci vuole tutta una rievocazione di carta stampata per convincerla a fare la madre spartana. Al secondo atto scoppia il dramma, Vittorio si incontra al fronte con Pietro, il fratello naturale di cui ignora l'esistenza, e un misterioso fluido li avvicina, li affratella: quando si dice la voce del sangue!... Pietro è gravemente ferito; suo padre è disperato e non può dimostrare il suo dolore per non colpire la suscettibilità di sua moglie. Ma questa, nel dolore, si è purificata; ogni orgoglio umano è caduto. Si riavvicina al marito, incomincia ad amare attraverso suo figlio, l'altro, l'intruso, e perdona e piange e tutti piangono, e gli animi di tutti sono diventati una dolcissima marmellata che fa piangere di consolazione tutti come tanti vitellini.
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Scribe Clara Vittorio Pietro
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