Imbastiti frettolosamente, sconnessi, tardi e stentati nello sviluppo dei motivi, sono però ricchi di metafore dialettali, semplici, non ghiribizzose, che hanno facile presa sull'anima dello spettatore e gli strappano la risata franca e cordiale senza sottintesi e senza sforzi di elaborazione.
'L môrôs d'mia fômna è il nomignolo amichevole che Deodato Fragolini dà all'on. Ferlingotti, un affarista volgare che vorrebbe sposarne la nipote Erminia. L'on. Ferlingotti ha moglie, anzi ha due mogli, una sposata in chiesa, l'altra in municipio, e le ha abbandonate ambedue. Finalmente rintraccia la seconda, che è dattilografa in casa Fragolini, e con lei parte per l'Ungheria, e divorzia (l'assessore Albertini è favorevole al divorzio, e questa sua commedia rientra nel numero delle opere di teatro pro divorzio). Il viaggio clandestino della dattilografa e dell'onorevole sconcerta tutta casa Fragolini. La signora, bisbetica e piena di bizzarrie, infuria su tutti: il giovane figlio, che è innamorato dell'impiegata, si dispera, ma con giudizio; il padre, che non ha altro ufficio che di dire delle scemenze amenamente ridicole, non è mai stato tanto se stesso. Al terzo atto tutti i nodi si sciolgono: la dattilografa rivela le sue vere generalità e riacquista la stima universale; l'onorevole viene squalificato; la giovane Erminia sposa un impiegato di suo zio e il giovane Fragolini sposa la signora divorziata. Il sipario cala su un triplice idillio che deve aver commosso teneramente i precordi dell'assessore.
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